Una città integralmente sostenibile, a zero emissioni di CO2, autosufficiente dal punto di vista energetico, nella quale una comunità fino a nove milioni di abitanti potrà raggiungere tutti i servizi essenziali in soli cinque minuti a piedi e una rete di treni automatizzati permetterà di transitare in 20 minuti da un estremo all’altro. È questo il profilo futuristico di The Line, città “ideale” del XXI secolo su cui è impegnata in Saudi Arabia la società Neom (controllata dalla corona saudita).
Una sfida che ha dell’incredibile, anche se le obiezioni sulla sostenibilità in fase costruttiva sono già molte. Sul piano progettuale, però, la futuristica The Line può rappresentare un laboratorio di sperimentazione per l’applicazione di nuove strategie di organizzazione degli spazi, dei trasporti, delle comunità, trasformando un ambizioso esperimento urbanistico in una realtà vivibile e inclusiva.
L’enorme impiego di materiali ad alta intensità di emissioni (acciaio, cemento e vetro) per costruire un’infrastruttura lunga 170 chilometri, potrebbe generare una quantità di CO2 che mette in discussione la coerenza ambientale dell’intera operazione. Viene da chiedersi poi come possa impattare sulla socialità dei residenti l’innesto in uno spazio che ha forma e processi “artificiosi”, pianificati; di fatto i trasporti possono essere efficienti e gli spazi comuni ottimizzati, ma una piazza artificiale può sostituire la funzione comunitaria della piazza storica?
Inoltre, l’estrema linearità della città pensata per massimizzare l’efficienza e ridurre le distanze, solleva dubbi sul piano umano ed esistenziale. Vivere in un ambiente completamente controllato, iperconnesso e regolato da intelligenze artificiali può generare fenomeni di alienazione o isolamento, soprattutto in assenza di una pluralità spaziale che consenta relazioni sociali spontanee e differenziate. La stessa dipendenza da tecnologie avanzate – per trasporti, logistica, servizi – espone la città a rischi sistemici in caso di malfunzionamenti, blackout o attacchi informatici.
Sono interrogativi da laboratorio, essendo una città che nasce in vitro. E forse possono diventare fenomeni da studiare per il futuro delle città.